Arrivati ai due anni i bimbi iniziano il loro primo percorso verso l’indipendenza… i piccoli crescono, maturano e vanno alla ricerca della loro personalità.
I terribili due anni, quando arrivano arrivano!
Probabilmente sei arrivata qui perché cerchi confronto (e conforto) nel web, perché hai notato che il tuo piccolo angioletto di circa 2 anni ha cominciato a risponderti con imponenti frasi del tipo: “NON VOIOOOOO”, “NONONO, NO NO!”, “IO, IO FACCIO IOOO!”. Ho indovinato? Allora sei nel posto giusto e ti do ufficialmente il benvenuto nella fase dei “terribili due anni”. Mi trovo anche io nel bel mezzo di questa “dolce tempesta” e ci tengo a dirti che di certo non ti annoierai 😉
In questo periodo, provando in prima persona la “gestione” di una piccola adolescente di due anni, ho letto tanto in rete su come altre mamme affrontano la fase dei terribili due e così sono arrivata alla conclusione che, la pazienza e la consapevolezza che si tratta solo di una “fase temporanea” fanno tantissimo! 🙂 Ma partiamo dall’inizio…di cosa si tratta questa fase e soprattutto perché è definita come i “terribili due anni”?
I terribili due anni: la consapevolezza di se stessi e la prova per i genitori
A solo due anni nel mondo “fuori dal pancione” i piccoli iniziano a sviluppare la consapevolezza di se stessi. Attraversano un percorso che fa crescere la voglia d’indipendenza che li porta a scoprire la loro personalità. Una fase importantissima che, anche se difficile e a volte “terribile” per loro stessi e per noi genitori, è fondamentale per il loro sviluppo.
Ebbene si, i bimbi iniziano a capire che la loro voce “ha un potere” che in qualche modo ci condiziona e cercano così di conquistare l’indipendenza mettendoci letteralmente alla prova. Il capriccio è il mezzo che permette loro di capire quanto più in là possono spingersi, quanto possono urlare e scalciare prima che noi genitori scoppiamo in un urlo (che sarà solo un boomerang verso di noi). I “no” diventano l’unica risposta a ogni nostra proposta, dal cambio alla merenda, dalla passeggiata al bagnetto, sempre e solo NO, anche quando vorrebbero rispondere “si”.
Qualche dritta per i momenti “NO” (provate e approvate da mamma RominA 🙂 )
Di certo non sarò io a dare consigli su come gestire queste difficili situazioni, quello che posso fare però è raccontarvi quelle cosette che con la mia Princess funzionano alla grande e che forse potrebbero funzionare anche a voi 🙂
- L’alternativa: quando propongo qualcosa cerco di dare sempre due alternative (e anche quando non c’è me la invento) in questo modo lascio a lei la libertà di scelta che diventa fondamentale per affermare questo suo bisogno di indipendenza.
- Le nostre regole e divieti: cerco di evitare di dire di “no” a ogni cosa, in questo modo lei comprende più facilmente dove sono i limiti importanti, comprende che quando arriva il “NO” vero da mamma o papo deve essere rispettato. Se vietiamo ogni cosa (anche quelle cose piccole che possono essere fastidiose per noi) non darebbe più il peso giusto a una regola importante.
- Urlare contro: è vero che a volte un pianto disperato di 15 minuti può portarci molto facilmente a urlare più forte dei bimbi, ma ho provato in prima persona quanto questo possa essere controproducente. La mia tattica è lasciare sfogare per 5 minuti per poi intervenire con dolcezza. Naturalmente, non è detto che funzioni con tutti i bimbi nello stesso modo. La cosa certa è che urlare per farci ascoltare è completamente inutile.
- Anticipare le situazioni critiche: questa è una delle mie sacrosante regole, prima di fare qualcosa di potenzialmente “capricciabile”, anticipo che cosa sta per succedere. “Guarda che dopo la merenda ci dobbiamo mettere le scarpe per uscire”; “Stiamo per finire la merenda, ricorda che dopo ci mettiamo le scarpe”; “Ok, abbiamo finito la merenda ora ci mettiamo le scarpe come ti avevo detto”.
- Chiedere scusa: a mio avviso questo è il momento in cui i bimbi si scontrano per la prima volta con le regole e imparano i limiti, di conseguenza, trovo opportuno che sia anche il momento di imparare a chiedere scusa. Con la Princess ho cominciato in modo soft, senza forzarla a dirlo, ma spiegando che era giusto dirlo e perché. Poi ogni bimbo avrà il suo tempo per metterlo in pratica, l’importante, secondo me, è sottolineare quando sia l’occasione giusta per farlo.
Mamme a confronto: l’esperienza di altre mamme
Come in tutte le fasi “mammesche” che ho vissuto dalla nascita della Princess, anche in questa, il confronto con altre mamme è stato molto importante. Per questo e per avere una visione completa e ricca di esperienze diverse, ho chiamato in campo un gruppo di mamme blogger che, come me, stanno passando la stessa fase, ecco i loro stupendi racconti di vita con i loro duenni. Vi assicuro che ne farete tesoro 🙂
Mamma Valeria, Blog MammaCheStorie:
Il racconto:
– Vieni Filippo che dobbiamo andare a casa. Forza che il papà ci aspetta. Vieni, dai. No, cammina. Dai, cammina tu. No, Filippo, non ti prendo in braccio. Dobbiamo fare solo un pezzetto, cammina. Filippo, no: in braccio no.
– Ahahahahahaha! Mamma mamma mamma…
– Filippo, no. Ho detto no. Cammina, dai.
– Mamma mamma mamma
Abbiamo parcheggiato, siamo usciti dalla macchina, dovevamo solo tornare a casa. Un centinaio di metri, forse poco più. I cento metri più lunghi che mai siano esistiti. Filippo non aveva nessuna intenzione di camminare. Voleva assolutamente essere preso in braccio. Mi si è fermato davanti ai piedi, ha allungato le braccia verso il mio collo, e ha cominciato a piangere. Disperatamente. Le lacrime gli scendevano lungo le guance, bagnando la maglietta. Chiamava “mamma mamma mamma” tra i singhiozzi.
Filippo ha appena avuto una sorella. Ha sicuramente reagito bene, ma ci sono, come è normale che sia, dei momenti in cui richiede, con forza, attenzioni esclusive. Che cerchiamo sempre di dargli. Quando è possibile. Quando non lo è, facciamo del nostro meglio per dargli una spiegazione che sia in grado di capire. In quel caso, non lo potevo portare a casa in braccio. Doveva camminare, come fa sempre.
Quando ha smesso di singhiozzare, si è seduto per terra. E lì è rimasto. Non si voleva alzare, e non si lasciava mettere in piedi. Poi, si è sdraiato. Sul marciapiede. Ho provato a dargli spiegazioni, nulla. Ho provato a convincerlo, nulla. Ho provato la tecnica “Filippo io vado”, nulla. Nulla sembrava funzionare. Alla fine, ha deciso: si è alzato, mi ha raggiunto, mi ha persino dato la mano, siamo tornati a casa.
Il Tip? Che cosa ha funzionato? Secondo me, ha capito che non avrei ceduto. Si è reso conto che non lo avrei preso in braccio. E ha ceduto lui. Ho cercato di essere ferma e dolce allo stesso tempo. Credo che sia questa la strada.
Mamma Laura, Bimbiuniverse
Il racconto: Se devo essere sincera per me questa fase non è stata così tremenda con nessuna delle mie due bambine, con Pupa per me sono stati peggio i tre anni (ma forse perché io avevo la pancia e lei ne aveva un po’ paura) con la Sorellina invece, questa fase è passata più o meno in maniera soft, ma ora che siamo alla fine di questo percorso mi rendo conto che una caratteristica propria di questa fase (e che forse avevo scordato) è la prevalenza di “no” in tutto quello che le viene proposto. Quello che però, secondo me, è maggiormente fastidioso, è il “no” o “l’aspetta” che puntualmente si presenta nel momento dell’uscita da casa, in genere la nostra conversazione è questa:
“Andiamo a prendere Pupa?”
“Aspetta, prendo uno iochino”
“Su dai è tardi”
“Arrivo mamma…vieni dai che ti metto le scarpe”
“No aspetta, ma cosa devo aspettare?”
La risposta è sempre la stessa: “Aspetta me….”
Allora, al di là che la prima reazione è quella di scoppiare a ridere perché il racconto di sicuro non rende esattamente la situazione e soprattutto non riproduce le facce della Sorellina (che vi assicuro essere la parte più divertente) la seconda reazione è quella di arrabbiarmi perché ovviamente il momento dell’uscita è un momento di fretta, io in genere cerco di risolvere la situazione portandola a riflettere e a fare con le buone quello che voglio io, a volte ci riesco ma altre lei è irremovibile sulle sue posizioni e così, siccome la fretta prende il sopravvento, la obbligo a fare quello che si deve fare. Ovviamente quando questo è l’epilogo della situazione tutto si complica perché lei inizia a piangere e quindi riuscire a vestirla per uscire di casa non e né per nulla semplice.
Il Tip? Però bisogna cercare di “chiudersi” le orecchie, far finta di non sentire il suo capriccio e obbligarla a fare quello che voglio io, se no arrivare puntuali a scuola a prendere Pupa o ad un appuntamento sarebbe cosa impossibile e allora, via con le lacrime e con tanta forza di volontà da parte mia, tanto una cosa è certa non sta soffrendo, non è un dolore inconsolabile e la cosa positiva è che passato il momento lei torna a sorridere come sempre e anche a me torna il buonumore!
Mamma Miriam, blog Mamma Lupo:
Il racconto: “Enea è sempre stato un bimbo vivace e piuttosto cocciuto. Appena entrato nella fase dei cosiddetti terribili due la tragedia. Ho visto il mio bimbo solare e sempre allegro trasformarsi in un piccolo Hulk impazzito, per il semplice motivo che le calze scelte (da lui) non gli piacevano, e persino per motivi ben più inutili. Ci siamo ritrovati a litigare per ogni cosa, e non capivo cosa potevo fare per evitare tutto ciò. Ho letto, mi sono informata, non capivo se sbagliavo qualcosa io o meno.
È una fase obbligatoria, perciò non posso forzare la mano per evitargliela, fa parte della crescita, devo solo aiutarlo a capire cosa sta succedendo. La scenata classica avveniva quando cercava di allacciarsi le scarpe da solo. Ora è capacissimo, ma all’inizio al primo sbaglio si incavolava manco fosse Crudelia Demon, e per una buona mezz’ora ci trovavamo in una situazione di stallo. Lui che piangeva e urlava sdraiato per terra. Io accanto a lui che cercavo con parole dolci di farlo ragionare. Molte volte mi cacciava via, allora me ne stavo in disparte finché non gli passava. Una volta calmato mi si avvicinava e voleva le coccole in braccio, così coglievo l’occasione per spiegargli cosa era accaduto e che non doveva preoccuparsi, che è normale, passerà! Adesso lui è ” quasi fuori” da questa fase, ha ancora qualche sfuriata per nulla, specialmente per il cibo (che prima mangiava senza dire mai di no). Mi sono dovuta inventare di fargli i video quando mangia qualcosa, per convincerlo la volta dopo, che l’aveva già mangiato senza storie, altrimenti non mi crede e non assaggia!
Il Tip? La perdita della pazienza è dietro l’angolo, specialmente se si è stanche e di fretta, ma bisogna contare fino a 100, non lo fanno apposta. Io mi sono accorta che urlargli contro serve solo a peggiorare la situazione! Dobbiamo stargli vicino, spiegargli con calma cosa succede e quello che stanno provando, che è tutto normale! Se ci vedono tranquille, allora capiscono che va tutto bene, e questo per loro è importante!”
Mamma Sara, Blog Oltrechemamma
Il racconto: dunque Little V ha 27 mesi, tanti ricciolini e uno cipiglio che la rende deliziosa (posso, da madre, non essere un po’mielosa? 😉 ). Fin dai primi tre/quattro mesi di vita ho notato una certa vivacità nel suo sguardo: occhietti attenti a catturare ogni informazione visiva del momento, gli stessi occhietti che si stringono in quel sorriso di bimbetta più “grande” che ho il piacere di ammirare ancora oggi.
Arrivata la fase temutissima da tanti genitori (i più attenti ed informati) dei “terribili due” ho confermato le sensazioni dei primi mesi di vita della mia pupetta e rafforzato l’idea di avere una tipetta “tosta” in casa. Little V è la mia secondogenita e, a differenza dalla mia prima figlia, ha vissuto (e vive) il momento cruciale dei terribili due anni con tutta la sua fisicità ed impeto emotivo!
Un aneddoto simpatico che ha caratterizzato questa fase delicata e di grande crescita, nota per il forte desiderio di autodeterminazione:
Febbraio, festa di compleanno di una mia cara amica, un salotto gremito di amici e rispettivi bimbi. Clima di festa e un po’ di chiasso (i bimbi presenti erano otto, Little V compresa, dai 3 anni ai 6 di età). Momento del taglio della torta della mia amica, tutti riuniti per intonare una simpatica canzoncina di buon compleanno quando la mia cara pupetta inizia a gridare a squarciagola: “Io voglio tortaaaaaaaaaaaaaaaa”! Usa tutta la potenza della vocina di una duenne, diventa paonazza in viso, prede la rincorsa e si scaglia verso la torta affondando in una coltre pannosa la sua manina!!! Scena di rapida evoluzione, imbarazzo di tutti, in primis il mio, ed una torta semidistrutta…Ecco l’irruenza di una bimba in piena fase “Terrible two”. Va bene la vivacità ed il guizzo dello sguardo ma qui Little V ha superato la soglia di autocontrollo 😉 Benché in ritardo, la afferro e sfoggio il mio miglior sorriso davanti a tutti gli invitati e alla povera festeggiata (tra l’altro creatrice della torta) e porto mia foglia in un’altra stanza: la piccola (come tipico) scoppia in lacrime, la lascio piangere. Poche parole ed uno sguardo severo bastano per farle comprendere che ha sbagliato. Da quel momento comprendo che la temuta finestra temporale dei terribili due anni si è aperta, anzi spalancata :D. Passerà, questa fase passerà, ma ne vivrà delle altre, non meno critiche.
Il Tip? Crescere per un bambino vuol dire superare ostacoli emotivi, oltre che materiali. Passerà, tutto passa. E le torte possono sempre ricomporsi ed essere ugualmente gustose!
Conclusione
Si mamma, il tuo mantra deve essere “passerà, è una fase e passerà”, come mi insegnò una cara amica, ed è proprio così. Tanta pazienza e una dose extra di coccole può risolvere (quasi) tutto 😀
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RominA
Anche il contatto fisico, oltre alla pazienza, serve tantissimo nel pieno di un capriccio da “terrible twos”: a volte basta un abbraccio e come per magia la situazione di stress rientra 🙂
Ciao Marzia! a me questa tecnica funziona principalmente quando siamo in presenza di altre persone. Sarebbe bello che funzionasse sempre, ma non è così…spesso in momento di crisi (e se siamo da sole) non vuole nemmeno essere toccata! Capita solo a me??